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È la parola che nessun attore vuole sentirsi dire in un provino. È il timbro che fa scattare un’occhiata delusa da parte di un regista. È ciò che trasforma una scena potenzialmente intensa in una parodia involontaria. L’overacting – la sovrarecitazione – è il nemico giurato della verità scenica. E spesso, è proprio ciò che manda a monte un casting o chiude le porte di un’agenzia.
Ma cos’è davvero l’overacting?
Quando e perché accade?
Come si manifesta nei principianti, nei caratteristi, perfino negli attori più esperti?
E soprattutto: si può evitare?
In questo articolo esploriamo tutto ciò che c’è da sapere sull’overacting, con esempi, riflessioni tecniche e consigli pratici per attori, studenti e appassionati di recitazione cinematografica.
Cos’è l’overacting?
L’overacting, o sovrarecitazione, è l’esagerazione intenzionale (o involontaria) dell’emozione, della voce, del gesto o dello sguardo. È quando l’attore “sovraespone” l’azione scenica, nel tentativo di comunicare qualcosa che, invece, richiederebbe sottrazione e verità.
Nel cinema, dove la macchina da presa coglie anche il più piccolo movimento delle pupille, l’overacting risulta immediatamente fuori misura. Più che emozionare, disturba. Più che convincere, distrae.
Un po’ di storia: prima dell’overacting c’era lo “sfondare il personaggio”
Il termine overacting nasce nel cinema americano, ma in Italia, prima ancora, si diceva “sfondare il personaggio”.
Era il modo per indicare quando un attore usciva dalla verità del ruolo, esagerando movimenti, emozioni, tono di voce.
Il problema? Si comincia a recitare l’effetto.
Non si vive più l’emozione, ma si tenta di mostrarla. E il pubblico lo percepisce.
Perché accade?
Nei principianti:
- C’è la paura di non essere visti o compresi.
- Si tende a “caricare” ogni battuta e ogni gesto.
- Spesso si confonde il sentire con il mostrare, e si cerca di “spiegare” l’emozione.
Nei caratteristi:
- I ruoli sopra le righe portano a camminare sul filo del rasoio tra caratterizzazione e caricatura.
- Il rischio è di diventare una macchietta.
Negli attori esperti:
- Può succedere per stanchezza, per abitudine, per mancanza di direzione.
- A volte subentra l’ego: si vuole “fare effetto” anziché servire la storia.
Quando l’overacting è visibile?
- Quando il gesto arriva prima dell’emozione.
- Quando corpo e voce non sono allineati.
- Quando l’espressione è troppo scolpita, e non nasce da un impulso reale.
- Quando l’attore sembra recitare per uno spettatore immaginario, e non per l’altro personaggio sulla scena.
- Quando il pubblico percepisce lo sforzo piuttosto che la naturalezza.
Esempi di overacting
- Una lacrima forzata con tremolio di mento che non corrisponde a un vero vissuto.
- Un urlo troppo lungo che fa dimenticare la battuta.
- Un monologo che diventa show personale invece di essere una necessità del personaggio.
- L’attore che gesticola in modo eccessivo, fuori misura per il contesto.
Un classico esempio: attori che alzano la voce invece di approfondire l’intenzione
I rischi reali dell’overacting
Chi pensa che l’overacting sia solo “esagerare un po’” non ha idea dei rischi che comporta, sia sul piano fisico che emotivo e professionale.
1. Farsi male sul set o in scena
Un gesto troppo ampio, un movimento incontrollato o un’azione fatta senza connessione reale può causare infortuni. È più facile cadere, urtare oggetti di scena, colpire involontariamente un collega. Il corpo perde precisione, e l’impulso teatrale diventa rischio fisico.
2. Fare male a un partner di scena
Quando si è fuori controllo, anche emotivamente, si può spingere troppo, alzare la voce senza ascolto, stringere in una presa, oppure reagire in modo imprevedibile. Il partner si sente in pericolo o “tradito” sulla scena. La fiducia viene meno.
3. Perdere la voce
Urlare, forzare, caricare ogni battuta di troppa intensità vocale, magari senza un corretto riscaldamento, porta a sovraccarico delle corde vocali, raucedine, infiammazioni o afonia. L’overacting prosciuga la voce invece di usarla con intelligenza.
4. Distruggere la credibilità attoriale
Un attore che esagera sistematicamente viene etichettato. I registi non si fidano, i casting director lo evitano, i colleghi si stancano. Il rischio è di essere visti come “quello che recita troppo”, e non riuscire più a lavorare con ruoli sfumati, veri, profondi.
5. Esaurirsi emotivamente
L’overacting svuota. Sforza il corpo, altera il respiro, logora la psiche. Dopo una scena sovraccaricata ci si può sentire confusi, esausti o addirittura tristi, come se ci si fosse aggrappati a un’emozione senza averla mai veramente vissuta.
Come evitare l’overacting
- Lavorare sulla sottrazione: meno è più.
- Allenare l’autenticità attraverso corpo, voce, ascolto.
- Registrarsi, riguardarsi, analizzarsi.
- Trovare la verità nella relazione con l’altro attore.
- Accettare il silenzio, il vuoto, l’attesa.
- Usare tecniche di recitazione realistica (Stanislavskij, Strasberg, Meisner).
- Sviluppare consapevolezza con esercizi di improvvisazione libera e riduzione gestuale.
- Lavorare con un bravo actor coach: un professionista che sappia guidarti senza spegnerti, ma aiutandoti a fare meno, sentire di più.
Quando è concesso?
Esistono generi che ammettono e persino richiedono l’overacting, ma solo se è consapevole e stilizzato:
- La commedia dell’arte.
- Il melodramma.
- Il teatro surreale o grottesco.
- La parodia e il camp.
In questi casi, l’esagerazione diventa linguaggio. Ma attenzione: l’attore sa che sta “esagerando”. C’è consapevolezza, controllo, forma.
L’overacting nasce spesso da un’ansia da prestazione
Molto spesso, l’overacting è figlio di un’ansia da prestazione. Un’ansia che è assolutamente naturale, perché noi attori siamo costantemente esposti allo sguardo e al giudizio.
Non accade solo nei provini, dove bisogna “dimostrare quanto si vale” in pochissimi minuti. Accade anche in scena, oppure durante un workshop o un percorso formativo, dove gli allievi sentono la pressione di dover dimostrare ai propri insegnanti di essere bravi.
Ma questa è una trappola.
Nel lavoro formativo, non serve dimostrare nulla, se non il coraggio e l’umiltà di attraversare l’errore. È proprio nello sbaglio consapevole che nasce la libertà espressiva e l’apprendimento profondo.
Nel percorso professionale, invece, questo tipo di ansia deve essere lavorata a parte, affrontata con strumenti precisi.
Le tecniche di respirazione, il rilassamento profondo, la decompressione emotiva post-performance diventano alleati fondamentali per liberarsi dalla pressione e non sfociare nell’overacting.
Essere veri, presenti, allineati, è possibile.
Ma solo se prima si è imparato a disinnescare l’ansia da prestazione.
Cosa pensano i professionisti?
Molti casting director, agenti e registi cinematografici hanno un occhio allenatissimo e riconoscono immediatamente l’overacting.
Spesso si sente dire, a bassa voce, dopo un provino:
“Eh… overacting.”
Quella semplice parola è sufficiente per escludere un attore da un progetto.
Nel cinema contemporaneo, dove domina il naturalismo e la verità emotiva, l’‘overacting’ è sinonimo di non credibilità.
Un esempio reale (anche se il nome è inventato)
Ricordo un attore che venne da me tempo fa, lo chiameremo Marco.
Aveva una solida formazione teatrale, ma nei provini per il cinema si sentiva dire sempre la stessa cosa: “Stai in overacting”.
Abbiamo lavorato su una recitazione più asciutta, intima, cinematografica. Gli ho insegnato a sottrarre, a fidarsi del silenzio, a respirare nel personaggio.
Dopo qualche mese, Marco ha cominciato a vincere provini.
Non perché fosse cambiato come attore, ma perché aveva imparato a non sfondare più il personaggio.
Esercizi pratici per allenare l’anti-overacting
- Recita con gli occhi
Prendi una scena e recitala senza parlare, solo con lo sguardo e il respiro. Ti sorprenderà quanto può passare anche senza la voce. - Riprendi un primo piano
Gira un video molto ravvicinato. Togli ogni gesto. Guarda se l’emozione arriva lo stesso. Se no, stai recitando il gesto, non l’emozione. - Gioca con le intenzioni opposte
Prendi una battuta d’amore e dilla con rabbia. Una battuta di odio e dilla con dolcezza. Se resti credibile, sei nel personaggio. Se suoni falso, sei nella tecnica. - L’esercizio del “sottotono”
Prendi un monologo o una scena e recitala in sottovoce, come se stessi parlando solo a te stessa o a qualcuno a mezzo metro da te. L’obiettivo è portare dentro l’intenzione, senza fare nulla con il corpo. Se l’intenzione arriva lo stesso, hai trovato la radice della verità. - L’improvvisazione muta
Fai un’improvvisazione intera senza usare parole. Solo sguardi, respiri, intenzione.
Il pubblico (o l’osservatore) deve capire chi sei, dove sei, cosa vuoi, senza che tu dica nulla.
Ti insegna a non appoggiarti alla parola per riempire, ma a “stare” davvero.
Conclusione
L’overacting non è solo un difetto tecnico: è spesso una mancanza di fiducia nella forza della verità scenica.
Nel cinema, dove ogni sospiro può diventare potente quanto un urlo, l’attore deve imparare a sottrarre, ad ascoltare, a vibrare nel silenzio.
Solo così la performance diventa autentica e commovente, e arriva dritta al cuore dello spettatore.
La verità non ha bisogno di essere urlata. Ha bisogno di essere sentita.
Se ti è capitato di sentirti dire “Stai facendo overacting”, oppure senti che la tua verità non arriva, possiamo lavorarci insieme.
Scrivimi per una prima consulenza individuale: www.pujadevi.com/contatti
Hai mai notato un caso di overacting in un film o a teatro? Scrivimi nei commenti o condividi la tua esperienza come attore o spettatore.
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